Devi #1

2007

I lavori delle serie “Devi” e “Non devi”, partono da tutte quelle imposizioni che fin da piccoli siamo abituati a ricevere. Frasi lapidarie che mi hanno sempre colpito perché sembrano essere alla base del sistema educativo, e hanno a che fare con ciò che non si deve fare o che, viceversa, si deve assolutamente fare – o essere. “Non devi sbagliare” e “Devi essere forte”, esortazioni che abbiamo sentite più volte, detteci da altri o anche da noi medesimi.
Il tema è molto vasto, riguarda quello che ci aspettiamo dagli altri e quello che ci aspettiamo da noi stessi, quello che ci si aspetta da una donna e quello che ci si aspetta da un uomo, e così via. Condizionamenti che ci accompagnano fin da bambini, e che ognuno ha imparato a gestire – o a farsi gestire – in modo diverso.

L’opera è stata ricavata da una vecchia tapparella veneziana, mediante un lavoro di “traforo”. Quest’oggetto assume qui un significato di separatore tra ambiente domestico e ambiente esterno, perché è proprio dall’ambiente di casa che provengono tutte quelle esortazioni a essere in un certo modo, a non fare una certa cosa.
La frase è ricavata pazientemente su ogni stecca ed è ripetuta senza sosta, quasi fosse un mantra orientale per accedere a un’altra dimensione. E’ una sorta di ricamo, che ancora rimanda all’ambiente domestico.
La scelta della “veneziana” è strettamente connessa col mio vissuto personale, perché nella casa dove ho vissuto con i miei genitori, l’unica apertura che si può vedere dal cancello esterno di ingresso, è la finestra della cucina, l’unica che ha una veneziana.

140 x 90 cm.
Alluminio, legno, tubi fluorescenti

Sere di vetro

2007

Opera realizzata per la mostra “Roseto Dialettico – Fenomenologia di un fiore”, 2007
Presso PaRDeS, Villa Donà delle Rose –Mirano (Venezia)

L’opera è composta di 16 steli, 16 tondini di acciaio inox, sulla cui cima sono state inserite delle lettere che compongono la frase “Devi essere forte”. Le lettere sono ricavate da cartoncino di 2 mm., verniciato di rosso.
Il progetto prevede che gli steli, alti 180-200 cm, siano piantati per terra, seguendo il perimetro di un rettangolo di 2 x 1 m. , distanti l’uno dall’altro 35-40 cm. L’insieme vuole evocare un roseto, come quelli che si vedono nei dipinti che raffigurano la “Madonna del Roseto” del ‘400 – in particolare quello di Stephan Lochner (1448) conservato a Colonia.
Gli steli sono molto flessibili, e quindi in costante movimento, rendendo il tutto molto leggero.
“Sere di vetro” è una delle frasi che si possono comporre utilizzando le lettere della frase originale che compare nella maggior parte degli steli : “Devi essere forte”. In realtà il lavoro appartiene alla serie “Devi”, ma avendomi colpito la contrapposizione della fragilità evocata da quella frase con la richiesta di essere “forte”, e il fatto che l’uno sia contenuto nell’altra, ho deciso di assumere quella stessa frase come titolo.
La frase principale compare più volte, e cambia il senso di lettura – a salire o a scendere – o il ritmo dato dalla disposizione delle lettere sullo stelo. In alcuni casi ho inserito le frasi che si possono formare con le stesse lettere (utilizzandole tutte o in parte), quelle che ho ritenuto più significative, come, appunto, il titolo dell’opera.

200 cm (altezza singolo elemento)
Acciaio inox, cartoncino/plastica

Non devi #1

2006

I lavori delle serie “Devi” e “Non devi”, partono da tutte quelle imposizioni che fin da piccoli siamo abituati a ricevere. Frasi lapidarie che mi hanno sempre colpito perché sembrano essere alla base del sistema educativo, e hanno a che fare con ciò che non si deve fare o che, viceversa, si deve assolutamente fare – o essere. “Non devi sbagliare” e “Devi essere forte”, esortazioni che abbiamo sentite più volte, detteci da altri o anche da noi medesimi.
Il tema è molto vasto, riguarda quello che ci aspettiamo dagli altri e quello che ci aspettiamo da noi stessi, quello che ci si aspetta da una donna e quello che ci si aspetta da un uomo, e così via. Condizionamenti che ci accompagnano fin da bambini, e che ognuno ha imparato a gestire – o a farsi gestire – in modo diverso.
In quest’opera è indagato il rapporto che abbiamo con “l’errore”. Sbagliare dovrebbe essere un’occasione di arricchimento, invece diventa qualcosa da esorcizzare e non ci si mette alla prova per “paura di sbagliare”.
Il lavoro è fatto di un semplice pannello di cartoncino spesso, verniciato di bianco, con la frase intagliata, in modo che il faretto sospeso sopra il pannello proietti le parole sul pavimento. La sospensione con due sottili fili di nylon, rende il tutto molto precario, e basta passarci accanto perché tutto si muova e la scritta luminosa vada a toccare i cocci di vetro che la circondano. Una instabilità che entra in conflitto con la perentorietà delle richiesta.

100 x 70 cm (pannello)
Cartoncino, nylon, vetro, faretto alogeno