Natura morta. De-composizione


2016

Nelle opere pittoriche che rientrano nel genere “natura morta”, un genere molto in voga nel ‘600, ci sono degli oggetti che immancabilmente vengono riproposti nella gran parte delle composizioni. Ognuno di essi porta con sé un significato particolare, spesso legato a temi religiosi, oppure ha una funzione ‘compositiva’, come il ‘coltello’, spesso usato come ‘linea guida’ per portare lo sguardo all’interno dell’opera.
Ma il carattere che risulta indubbiamente comune a tutte queste opere è quello della ‘transitorietà’, perché tutto quanto si vede è effimero e destinato a perire.
Nel mio lavoro i singoli oggetti appaiono fisicamente isolati. I calchi, eseguiti con più strati di carta giapponese, sono posti in altrettante light-box. La retroilluminazione mette in evidenza i vari strati sovrapposti, come nelle immagini x-rays, e contribuisce a veicolare quella idea di ‘immaterialità’ che è il significato profondo di una natura morta.

24x24x11 cm ogni singola light-box
Legno, carta, led luminosi

 

Still life. De-Composition

In the paintings within the genre “still life”, a very popular genre in the ‘600, there are objects that are invariably repeated in most of the compositions. Each of them carries a special meaning – often linked to religious subjects – or has a ‘compositional’ function – like a knife, often used as a ‘guideline’ to bring the viewer’s gaze inside the work.
But the common character to all these works is undoubtedly that of ‘impermanence’, because everything you see is ephemeral and perishable.
In my artwork, individual objects appear physically isolated. The casts, executed with many layers of Japanese paper, are placed in as many light-boxes. The backlight highlights the various layers, such as the x-ray images, and helps to convey that idea of ‘immateriality’ which is the deep meaning of a still life.

24x24x11 cm each light-box
Wood, paper, led

Sequenze #2

2009

Il progetto delle “Sequenze” vuole essere una ricerca sul fluire delle nostre giornate, della nostra –ripetitiva- quotidianità, costituita da punti fissi che ritroviamo giorno dopo giorno. Oggetti che ci sono familiari, evocazioni di gesti che compiamo in modo ormai inconsapevole, le cui forme sono fissate in un materiale leggero come la carta.
Sono sequenze della nostra quotidianità, e rappresentative di quotidianità diverse. Ogni sequenza inizia e finisce con lo stesso banale oggetto, un interruttore della luce, di quelli a peretta, che teniamo accanto al letto, simbolo d’inizio e fine delle nostre giornate. Ho riempito lo spazio tra questi due momenti, con forme diverse che hanno colpito il mio immaginario, non sempre immediatamente riconducibili agli oggetti reali. Sono collegate l’una all’altra da sottili fili di rame, che ne seguono a tratti i profili e ne accentuano l’aspetto grafico. La retroilluminazione evidenzia la trama della carta e delle varie sovrapposizioni.
La sequenza presentata ha le sue radici nella mia infanzia, quando guardavo mia madre muoversi e lavorare all’interno delle mura domestiche, mentre stirava, cuciva, preparava il pranzo.

225x25x17 cm
Carta giapponese, rame, legno

Sequenze #1

2008

Il progetto delle “Sequenze” vuole essere una ricerca sul fluire delle nostre giornate, della nostra –ripetitiva- quotidianità, costituita da punti fissi che ritroviamo giorno dopo giorno. Oggetti che ci sono familiari, evocazioni di gesti che compiamo in modo ormai inconsapevole, le cui forme sono fissate in un materiale leggero come la carta.
Sono sequenze della nostra quotidianità, e rappresentative di quotidianità diverse. Ogni sequenza inizia e finisce con lo stesso banale oggetto, un interruttore della luce, di quelli a peretta, che teniamo accanto al letto, simbolo d’inizio e fine delle nostre giornate.
In questa serie le forme sono tutte dipinte di bianco, per confondersi con una ipotetica parete bianca di fondo, e sono sospese, fluttuanti al più lieve spostamento d’aria.
E’ come se ogni oggetto avesse modellato lo spazio attorno a sé, lasciando la propria impronta nell’aria solidificata. Gli oggetti sono comuni alla maggior parte delle persone che hanno una vita domestica e un lavoro d’ufficio.

Dimensioni variabili
Cartapesta, filo di nylon

Mare

2009

Dei volti affioranti sulla superficie dall’acqua, alcuni con la bocca aperta come per cercare l’aria, altri, invece, che mostrano la rigidità di chi non ha più bisogno di aria. Penso a quanto succede non troppo distante dalle nostre coste, una moltitudine di corpi sospesi nell’acqua. La leggerezza della carta ben esprime, secondo me, la leggerezza di quelle vite.
Delle crisalidi che fluttuano al minimo soffio di vento, in cui l’illuminazione particolare evidenzia l’inconsistenza del materiale di cui sono fatte.

I calchi sono del mio viso, ho voluto rimanere per almeno alcuni minuti in quella immobilità, con quella difficoltà respiratoria a cui sei costretto a quando il tuo viso è coperto di gesso e la mente ti porta via da dove sei, in un distesa d’acqua.
I 25 calchi sono in carta giapponese, sospesi con dei fili di nylon a circa 30 cm. da terra.

110×140 cm
Carta giapponese, filo di nylon

 

A theme that unfortunately has been under our eyes for a few years is the tragedy of those who risk life to find a little bit of hope, and right in the water they gamble away all they have . It is the duality of water: to give life, to take away life. In my work there are faces emerging on the water surface, some with their mouth open as if to look for air, others, which show the stiffness of those who no longer need air. That’s what happens not too far from our shores, a multitude of bodies suspended in the water. The lightness of paper expresses, in my opinion, the lightness of those lives.
Chrysalis floating at the slightest wind blowing, where the particular lighting highlights the inconsistency of the material they are made of.
The 25 casts are in Japanese paper, suspended with nylon threads about 30 cm from the ground. Each piece is made of multiple layers of paper but this material is so light that light goes through it anyway, highlighting every single layer as if it were a radiograph. The suspension from the ground makes the entire installation sensitive even to the simple passage of a nearby person: the slight movement of the air impresses a slow movement on every single piece of the work, a movement that magically succeeds in creating an expanse of water right in front of us, and making us witness to the tragedy.

The molds were made from my face, trying to stay at least a few minutes lying in that immobility, with that breathing difficulty you are forced to when your face is covered with plaster, and the mind takes you away from where you are, in an expanse of water.

110×140 cm
japanese paper, nylon thread